Sono le 3 di notte. Mi sveglio angosciato perché in sogno stavo affogando implacabilmente nell’acqua di un lago. La notizia del telegiornale della notte mi sta sconvolgendo e mi interroga sulle mie responsabilità. Mi domanda di reagire e di liberarmi dalle mie colpe. Lo faccio gridando perché è troppo per me sentirmi colpevole della morte dei miei 73 fratelli.
Tutti neri! Come avevo temuto quando fu approvata la legge sulla sicurezza e fu stipulato l’accordo infame tra Italia e Libia. I figli dell’Africa Nera sono i primi e finora i soli ad esserne vittime.
Così il razzismo italiano torna a riprendersi il suo volto più miserabile.
Devo gridare al ministro che si è vantato di aver bloccato gli sbarchi ed ottenuto dal Parlamento l’approvazione della legge sulla sicurezza: “Signor ministro non ordini nessuna inchiesta. Semplicemente, si dimetta! Non glielo chiedo per ragioni politiche, ma per ragioni di coscienza”.
La legge doveva avere il potere di dissuadere i migranti. Questi si sono messi e stanno mettendosi ugualmente in mare. Non sappiamo da dove. Ma quei provvedimenti hanno avuto il sicuro effetto di dissuadere i soccorritori, la decina di capitani di battello che pur vedendo gettare i morti in mare come vuoti a perdere hanno girato la faccia dall’altra parte per non vedere.
In questo momento sento il dovere di gridare anche alla gerarchia della Chiesa italiana perché ascolti l’urlo dei naufraghi. Non ho bisogno di altre spiegazioni sul buon samaritano. Ho bisogno di sapere se leggi e circolari che da un certo tempo vengono emanate dal nostro Governo stiano creando un popolo che volta la faccia dall’altra parte.
I 73 morti mi obbligano a gridare, a chiedere alla mia Chiesa che ritrovi se stessa e il suo compito di restituire al popolo italiano il suo cuore.
Ora che gli agghiaccianti e, da un certo tempo, non più nascosti desideri di vedere “i clandestini” colare a picco sono diventati realtà è arrivato il momento di gridare la profezia di Ezechiele: “vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”. (Ez. 36,26)
Non possiamo continuare ad essere complici di una cultura politica che sta guastando il cuore della gente. Non servono né gli inviti a cena, né le telefonate ammiccanti, né fumose dichiarazioni di principio per sottrarci alle nostre responsabilità.
Occorre riprendere con energia il ruolo profetico di cui tutti siamo investiti e che dobbiamo esercitare.
Quei morti non possono essere rimossi dalla coscienza di nessuno. C’è bisogno di liberarsi dalla colpa.
Chiedo perciò l’adesione ad una giornata di riflessione e, per chi volesse, di digiuno che partendo da motivazioni religiose, spirituali o umanitarie sproni il popolo italiano a recuperare il suo cuore di carne e contribuisca a dare un colpo di frusta ad una classe politica che sta perdendo se stessa e stravolgendo il quadro di valori umani e cristiani a cui, fino a qualche tempo fa, facevamo riferimento.
Il Gazzettino Sabato 22 Agosto 2009
* Incaricato per i rapporti tra cristiani e musulmani della Diocesi di Treviso
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