venerdì 30 ottobre 2009

Quel Papa che pesca nell’acqua di destra


di Hans Kung
da La Repubblica, 28 ottobre 2009

È una tragedia: dopo le offese già arrecate da Papa Benedetto XVI agli ebrei e ai musulmani, ai protestanti e ai cattolici riformisti, ora è la volta della Comunione Anglicana. Essa conta pur sempre 77 milioni di aderenti ed è la terza confessione cristiana, dopo la chiesa cattolica romana e quella ortodossa.

Cosa è successo? Dopo aver reintegrato l’antiriformista Fraternità San Pio X, ora Benedetto XVI vorrebbe rimpolpare le schiere assottigliate dei cattolici romani anche con anglicani simpatizzanti di Roma.

I sacerdoti e i vescovi anglicani dovrebbero potersi convertire più facilmente alla chiesa cattolica, mantenendo il proprio status, anche di sposati. Tradizionalisti di tutte le chiese, unitevi – sotto la cupola di San Pietro! Vedete: il pescatore di uomini pesca soprattutto sulla sponda destra del lago. Ma lì l’acqua è torbida.

Questo atto romano rappresenta niente meno che un drastico cambio di rotta: via dalla consolidata strategia ecumenica del dialogo diretto e di una vera riconciliazione. E verso una pirateria non ecumenica di sacerdoti, cui viene persino risparmiato il medioevale obbligo di celibato, solo per render loro possibile un ritorno a Roma sotto il primato papale. Chiaramente l’attuale arcivescovo di Canterbury, il Dr. Rowan Williams, non era all’altezza della scaltra diplomazia vaticana.

Nel suo voler ingraziarsi il Vaticano apparentemente non ha compreso le conseguenze della pesca papale in acque anglicane. In caso contrario non avrebbe firmato il comunicato minimizzante dell’arcivescovo cattolico di Westminster. Le prede nella rete di Roma non capiscono che nella chiesa cattolica romana saranno solo preti di seconda classe, e che alle loro funzioni i cattolici non possono partecipare?

Il comunicato fa sfacciatamente riferimento ai documenti realmente ecumenici della Anglican Roman Catholic International Commission (Arcic), elaborati in anni e anni di laboriosi negoziati tra il romano Segretariato per l’Unione dei Cristiani e l’anglicana Conferenza di Lambeth: sull’Eucarestia (1971), sull’ufficio e l’ordinazione (1973) nonché sull’autorità nella Chiesa (1976/81).

Gli esperti però sanno che questi tre documenti, a suo tempo sottoscritti da entrambe le parti, non sono mirati alla pirateria, bensì alla riconciliazione. Questi documenti di vera riconciliazione offrono infatti la base per il riconoscimento delle ordinazioni anglicane, delle quali Papa Leone XII nel 1896 aveva negato la validità con argomentazioni poco convincenti. Dalla validità delle ordinazioni anglicane deriva anche la validità delle celebrazioni eucaristiche anglicane. Sarebbe così possibile una reciproca ospitalità eucaristica, una intercomunione, un lento processo di unificazione tra cattolici e anglicani.

Ma la vaticana Congregazione per la dottrina della fede fece all’epoca in modo che questi documenti di riconciliazione sparissero il più rapidamente possibile nelle segrete del vaticano. «Chiudere nel cassetto», si dice. «Troppa teologia küngiana», recitava all’epoca un comunicato riservato della agenzia di stampa cattolica Kna.

In effetti avevo dedicato l’edizione inglese del mio libro «La Chiesa» all’allora Arcivescovo di Canterbury, Dr. Michael Ramsey in data 11 Ottobre 1967, quinto anniversario dell’apertura del concilio Vaticano secondo: nella «umile speranza che nella pagine di questo libro si ponga una base teologica per un accordo tra le chiese di Roma e Canterbury».

Vi si trova anche la soluzione alla spinosa questione del primato del papa, che da secoli divide queste due chiese, ma anche Roma dalle chiese dell’Est e dalle chiese riformiste. Una «Ripresa della comunità ecclesiale tra la chiesa cattolica e la chiesa anglicana sarebbe possibile», se «da un lato alla chiesa d’Inghilterra fosse garantito di poter mantenere il proprio attuale ordine ecclesiale sotto il primato di Canterbury e dall’altro la chiesa d’Inghilterra riconoscesse il primato pastorale del soglio di Pietro come istanza superiore di mediazione e conciliazione tra le Chiese».

«Così», speravo io all’epoca, «dall’impero romano nascerà un Commonwealth cattolico!» Ma papa Benedetto vuole assolutamente restaurare l’impero romano. Alla Comunione Anglicana non fa alcuna concessione, intende piuttosto mantenere per sempre il centralismo medioevale romano,- anche se impedisce un accordo delle chiese cristiane su questioni fondamentali.

Il primato del papa – dopo Papa Paolo VI bisogna ammetterlo il «grande scoglio» sulla via verso l’unità della chiesa – non agisce apparentemente come «Pietra dell’unità». Torna in auge il vecchio invito al «ritorno a Roma», ora attraverso la conversione soprattutto di sacerdoti, possibilmente in massa. A Roma si parla di mezzo milione di anglicani con venti o trenta vescovi.

E gli altri 76 milioni? Una strategia dimostratasi fallimentare nei secoli passati e che condurrà nel migliore dei casi alla nascita di una minichiesa anglicana «unita» a Roma in forma di diocesi personali (non territoriali). Ma quali sono le conseguenze odierne di questa strategia?

1. Ulteriore indebolimento della chiesa anglicana
In Vaticano gli antiecumenici giubilano per l’afflusso di conservatori, nella chiesa anglicana i liberali esultano per l’esodo di disturbatori simpatizzanti cattolici. Per la chiesa anglicana questa scissione implica un’ulteriore corrosione. Essa soffre già in conseguenza della nomina inutilmente osteggiata di un pastore dichiaratamente omosessuale a vescovo in Usa – effettuata mettendo in conto lo scisma della sua diocesi e dell’intera comunità anglicana.

La corrosione è stata rafforzata dall’atteggiamento discordante dei vertici ecclesiastici nei confronti delle coppie omosessuali: alcuni anglicani accetterebbero senz’altro la registrazione civile con ampie conseguenze giuridiche (tipo diritto di successione) e con eventuale benedizione ecclesiastica, ma non un «matrimonio» (da millenni termine riservato all’unione tra uomo e donna) con diritto di adozione e conseguenze imprevedibili per i figli.

2. Generale disorientamento dei fedeli anglicani
L’esodo dei sacerdoti anglicani e la proposta loro nuova ordinazione nella chiesa cattolica romana solleva per molti fedeli (e pastori) anglicani un pesante interrogativo: l’ordinazione dei sacerdoti anglicani è valida? E i fedeli dovrebbero convertirsi alla chiesa cattolica assieme al loro pastore? Che ne è degli immobili ecclesiastici e degli introiti dei pastori?

3. Sdegno del clero e del popolo cattolico
L’indignazione per il persistere del no alle riforme si è diffusa anche tra i più fedeli membri della chiesa. Dopo il Concilio molte conferenze episcopali, innumerevoli pastori e credenti hanno chiesto l’abrogazione del divieto medioevale di matrimonio per i sacerdoti, che sottrae parroci già quasi a metà delle nostre parrocchie.

Ma non fanno che urtare contro il rifiuto caparbio e ostinato di Ratzinger. Ed ora i preti cattolici devono tollerare accanto a sé pastori convertiti sposati? Cosa devono fare i preti che desiderano il matrimonio, forse farsi prima anglicani, sposarsi, e poi ripresentarsi? Come già nello scisma tra Oriente e Occidente (XI sec.), ai tempi della Riforma (XVI sec.) e nel primo Concilio vaticano (XIX sec.) la fame di potere di Roma divide la cristianità e nuoce alla sua chiesa. Una tragedia.

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