mercoledì 28 luglio 2010

Il solare costa meno del nucleare

Il sorpasso al prezzo di 0,16 dollari a chilowattora. L'energia atomica costerà sempre di più

I costi di energia solare e atomica (da Ncwarn.org)
NEW YORK - Oggi negli Stati Uniti la produzione di energia solare costa meno di quella nucleare. Lo afferma un articolo pubblicato il 26 luglio sul New York Times, che riprende uno studio di John Blackburn, docente di economia della Duke University. Se si confrontano i prezzi attuali del fotovoltaico con quelli delle future centrali previste nel Nord Carolina, il vantaggio del solare è evidente, afferma Blackburn. «Il solare fotovoltaico ha raggiunto le altre alternative a basso costo rispetto al nucleare», spiega Blackburn, nel suo articolo Solar and Nuclear Costs - The Historic Crossover, pubblicato sul sito dell’ateneo. «Il sorpasso è avvenuto da quando il solare costa meno di 16 centesimi di dollaro a kilowattora» (12,3 centesimi di euro/kWh). Senza contare che il nucleare necessita di pesanti investimenti pubblici e il trasferimento del rischio finanziario sulle spalle dei consumatori di energia e dei cittadini che pagano le tasse.
COSTI FOTOVOLTAICO IN DISCESA - Secondo lo studio di Blackburn negli ultimi otto anni il costo del fotovoltaico è sempre diminuito, mentre quello di un singolo reattore nucleare è passato da 3 miliardi di dollari nel 2002 a dieci nel 2010. In un precedente studio Blackburn aveva dimostrato che se solare e eolico lavorano in tandem possono tranquillamente far fronte alle esigenze energetiche di uno Stato come il Nord Carolina senza le interruzioni di erogazione dovute all’instabilità di queste fonti.

COSTI NUCLEARE IN CRESCITA - I costi dell'energia fotovoltaica, alle luce degli attuali investimenti e dei progressi della tecnologia, si ridurrà ulteriormente nei prossimi dieci anni. Mentre, al contrario, i nuovi problemi e l'aumento dei costi dei progetti hanno già portato alla cancellazione o al ritardo nei tempi di consegna del 90% delle centrali nucleari pianificate negli Stati Uniti, spiega Mark Cooper, analista economico dell'Istituto di energia e ambiente della facoltà di legge dell'Università del Vermont. I costi di produzione di una centrale nucleare sono regolarmente aumentati negli ultimi anni e le stime sono costantemente in crescita.

Redazione online Il Corriere della Sera
27 luglio 2010

sabato 24 luglio 2010

I Paesi più Felici del Mondo


DI MASSIMO ANGELUCCI

Forbes ha pubblicato il risultato di una ricerca Gallup sui paesi più felici del mondo. I cinque Paesi più felici sono, secondo questa ricerca Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia e Paesi Bassi.

Si trovano tutti nell'area settentrionale del continente europeo e sono tutti molto ricchi. Questo sicuramente perché la felicità è legata alla ricchezza economica. Secondo Jim Harter, ricercatore della Gallup, ciò accade, probabilmente, perché i bisogni primari dei cittadini sono soddisfatti a un livello superiore rispetto a quanto avviene negli altri Paesi. Misurare la felicità non è facile. Tra il 2005 e il 2009, i ricercatori hanno proposto un questionario a migliaia di persone in 155 Paesi per misurare due tipi di benessere: innanzitutto, hanno posto agli intervistati domande su diversi argomenti per conoscere quanto fossero soddisfatti della loro vita, quindi hanno posto loro le stesse domande chiedendo di valutare il loro stato d'animo del giorno precedente per questi stessi argomenti. Le risposte ottenute hanno permesso di valutare "le esperienze quotidiane" degli intervistati, i soggetti che hanno dato punteggi elevati sono stati qualificati come "sereni". La percentuale degli individui sereni di ogni Paese ha determinato la posizione del Paese all'interno della classifica. E' evidente che i soldi fanno un certo tipo di felicità. La Danimarca, infatti,il Paese più felice del mondo, nel 2009 aveva un PIL pro capite di 27.000 euro. Questo dato è più alto di quello ottenuto da 196 dei 227 Paesi analizzati. Ma sono anche altri i fattori che determinano la felicità, la felicità di tutti i giorni è probabilmente collegata alla soddisfazione di altre esigenze psicologiche e sociali che è impossibile da comprare con un assegno o con una carta di credito. Infatti il Costa Rica è risultato essere il sesto Stato più felice del Mondo, il primo del continente americano, battendo altri Paesi più ricchi, compresi gli Stati Uniti. "Il Costa Rica ha ottenuto un punteggio molto alto per la serenità sociale e psicologica", spiega Harter. "Quasi sicuramente è una situazione comune in tutte quelle società in cui i rapporti umani sono più sviluppati e sono considerati importanti, più dei soldi. E L'Italia? E' al 69° posto, mentre la Spagna, che, a detta dei nostri media, vive povera, assillata dalla crisi e travolta dal tracollo finanziario è al 17° (la classifica è stata stilata prima del mondiale di calcio). Molte considerazioni si potrebbero fare su un tale tema, tutte legittime; tuttavia una cosa colpisce immediatamente di tale classifica. Tutti i Paesi che risultano primi nella graduatoria garantiscono e rispettano in modo prioritario la libertà individuale ed i diritti civili dei cittadini; non solo, ma applicano legislazioni molto tolleranti, garantendo sicurezza e libertà pur riducendo al minimo il peso di norme restrittive e divieti generalizzati. Il benessere economico è dunque importante, e tanto più lo sarebbe in un Paese che distribuisse più equamente le proprie risorse e combattesse meglio la corruzione diffusa ed il malgoverno ma i valori legati al rispetto della libertà ed della dignità umana rimangono la sola condizione imprescindibile per la realizzazione di ogni possibile condizione di felicità. La ricerca della felicità non è e non sarà mai un valore sociale, essa trova fondamento solo in quei diritti individuali ed in quelle aspirazioni spirituali proprie di ciascuna persona.

Il compito prioritario dello Stato rimane dunque quello di promuovere le condizioni sociali che possano favorire la realizzazione di tali diritti e di tali aspirazioni, limitando il più possibile la propria ingerenza nella sfera etica e spirituale dei cittadini. Questo l'avevano ben compreso i filosofi Illuministi.

FONTE: FORBES

giovedì 22 luglio 2010

Pdl, il Partito del Latrocinio

di Paolo Farinella, prete

Dopo il volo del duomo di Milano che navigando tra la folla andò ad insozzarsi in una faccia tumefatta di suo perché appesantita da km 18,50 di mascara artificiale, nacque come reazione il «partito dell’amore». Per mesi abbiamo visto la faccia del sanguinario capo, gridare e urlare che lui e loro non odiano, ma amano fino alla bestemmia in quella bocca spergiura che «L’amore vince l’odio». Non sanno più che pesci pigliare per accreditarsi per quello che non sono e non saranno mai. Il capo e i suoi manutengoli, i servi e le schiave che vivono di rendita, sono esperti nell’odio e nella calunnia, nella falsità e nello spergiuro. Urlano, inveiscono e sbraitano di essere il «partito dell’amore», ma si arrabbiano se si dice che il loro capo è così abietto che per avere un po’ di sesso se lo deve comprare, anzi se lo deve fare comprare pagando professioniste del mestiere. Poveracci, sono tanto il partito dell’amore che si sbranano tra di loro, si infangano, si uccidono.

Costui e costoro sono solo il «Pdl» cioè il «Partito Del Latrocinio» o se volete il «Partito Di Latta» visto che il partito non conta proprio nulla, ma è solo il predellino di un’auto (per giunta non italiana) su cui il capo mafioso poggia il suo piede con tacco rialzato. Credevamo che la vecchia Dc e il ladro contumace Craxi avessero toccato il fondo; invece dobbiamo ricrederci: questi qua che avrebbero dovuto essere «ricchi di suo» e quindi sazi, si sono dimostrati famelici più di tutti coloro che li hanno preceduti. Questa è la vera celebrazione del 150° dell’unità d’Italia: allora Massimo D’Azeglio aveva un progetto: «Abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani». A distanza di un secolo e mezzo l’Italia è in pieno deliro leghista in corsa verso la frantumazione e gli Italiani sono letteralmente fatti. Fatti e strafatti. Il dramma comico è che chi se li fa è un essere ributtante e laido e lascivo che è riuscito a fare apparire il mostro di Notre Dame come la bella addormentata nel bosco.

Bossi ha incoronato i suoi pargoli trigliati come suoi eredi assicurando loro la prebenda lauta della casta politica e dire che lui era contro «Roma ladrona» e i leghisti amano stare controvento mentre il loro boss mammasantissima orina. Cota sembra che abbia vinto con l’imbroglio e ora si appella al popolo. Hanno tolto l’ici anche ai ricchi e straricchi e ora si accingono a mettere una super tassa sui fabbricati, ma vogliono farla passare come riforma del catasto.

Lo chiamavano partito delle libertà; invece era la cricca del malaffare. Lo chiamavano il popolo della libertà; invece era il gregge della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra. Lo chiamavano il capo carismatico; era solo un capobastone e nemmeno tra i più quotati perché manovrato e ricattato dai mammasantissima. Lo chiamavano «meno male che Silvio c’è»; invece era la convergenza di un sistema di cloache che hanno reso la nazione un letamaio e lerciume senza precedenti nella storia.

Ha ricevuto anche il premio come «Statista di rara capacità» per furto con destrezza, per evasione fiscale, per falso in bilancio, per corruzione di giudici e testimoni, per spergiuro sulla testa dei figli. Quando la sentina fuoriesce dalle fogne è il segno che le fogne stanno scoppiando e può cominciare un nuovo progetto di pulizia e di depurazione. Basterebbe che il Pd, il partito che non c’è, battesse un colpo e prendesse il timone dell’opposizione dura e senza compromessi di sorta. Non si fanno accordi di alcun genere con i mafiosi malavitosi di stampo berlusconista. Bisogna solo cacciarlo nella fogna da cui è venuto, lui e il suo parterre dell’amore a pagamento. Il bello deve ancora venire perché il macellaio Verdini ha più trippa di quanta lascia intendere. Restate nei paraggi.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/pdl-il-partito-del-latrocinio/

lunedì 12 luglio 2010

Ma quale “Obolo”?


di Don Giorgio Morlin

È con crescente disagio, misto a qualche sussulto d'indignazione, che ho seguito sulla stampa italiana le tristissime vicende di corruzione riguardanti anche alcuni uomini di Chiesa. È un disagio che non riesco a mascherare quando parlo con amici di questi temi. Domenica 27 giugno 2010, come avviene ormai da diversi anni, la Cei, in collaborazione con il cosiddetto Obolo di San Pietro, ha organizzato la Giornata per la Carità del Papa. Tutti i parroci italiani sono stati invitati dai vescovi ad illustrare alle rispettive comunità il significato di tale Giornata e a contribuire con offerte al suddetto Obolo.

Dopo recenti e imbarazzanti esposizioni mediatiche d'illustri ecclesiastici, non sono in grado di sapere se questa proclamazione nelle parrocchie sia veramente avvenuta e quali risultati essa abbia ottenuto. Piuttosto mi preme di sapere come oggi siano realisticamente percepite dall'opinione pubblica nazionale e internazionale due vetuste istituzioni vaticane dal nome medievale e misterioso, quali l'Obolo di San Pietro, appunto, e la Propaganda Fide. Istituzioni che, fino a qualche mese fa, nell'immaginario cattolico erano considerate realtà ecclesiali effettivamente legate alla carità del pontefice e all'incremento delle missioni nel mondo. Ora sono stati scoperchiati alcuni "altarini". Ad esempio, il dicastero vaticano di Propaganda Fide, che sembra abbia un patrimonio immobiliare di 10 miliardi di euro con circa 2mila appartamenti nella sola città di Roma e 50 milioni di utili esentasse, è indagato dai giudici italiani. Fino al Giubileo del 2000 questi appartamenti erano affittati con equo canone a famiglie bisognose della capitale. Dopo il 2000, sembra che l'antico e prestigioso ente ecclesiastico abbia privilegiato e intensificato vantaggiosi rapporti con importanti personaggi della politica e dell'economia nazionale, lucrandone inconfessate prebende di vario genere. Anzi, pare che sia stato proprio nell'anno giubilare che ha preso il via un oscuro intreccio di poteri e sottopoteri, poco ecclesiali e molto affaristici e occulti.

A fronte di questi avvilenti episodi di corruzione e in vista della prossima Giornata Mondiale Missionaria del 2010, mi chiedo quale potrà essere l'appello annuale che la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (ex Propaganda Fide) rivolgerà ai cattolici di tutto il mondo nel chiedere aiuti economici a sostegno dei missionari che promuovono la dignità dell'uomo e il messaggio del Vangelo nei posti più poveri e dimenticati della Terra. Mi chiedo anche perché, da un'eccezionale emergenza etica come questa, non possa scaturire un gesto profetico (una specie di purificante kairòs biblico), che faccia finalmente chiarezza e pulizia. Innanzitutto ad opera della Guardia di Finanza. Poi anche, o soprattutto, della Santa Sede. E questo, in nome della giustizia e dello stesso futuro della Chiesa.

Giorgio Morlin

venerdì 9 luglio 2010

Mai vista un'Italia così

- di Stefania Pezzopane* -

L’Aquila smaschera Berlusconi.
La vera faccia del suo Governo è quella violenta e repressiva che abbiamo visto ieri a Roma, e del travisamento delle notizie poi. L’Italia stia in guardia. “Oggi a noi, domani a chiunque”, come diceva uno slogan dei manifestanti.
Il pacifico corteo era il nostro ennesimo tentativo (e ogni volta siamo di più) di far sapere al Paese come stanno veramente le cose dietro clamori e bugie raccontati, sul terremoto del miracolo, da una parte di stampa pericolosamente asservita e troppo visibile.
La consegna per gli uomini dell’ordine era invece quella di bloccare, ad ogni costo. Lo hanno fatto, a costo del sangue dei terremotati, ma col rammarico negli occhi, essi stessi.
Perché non farci arrivare sotto i palazzi del potere solo per dire quello che avevamo da dire? Si trattava non di manifestazione politica ma di rabbia civilmente organizzata dai cittadini spontaneamente e non dalla “sinistra che usa 5000 terremotati come scudi umani contro il Governo” come Il Giornale di Feltri ha riportato per nascondere l’ormai diffuso dissenso verso un Governo che non sa governare e scontenta tutti, tranne abusivi ed evasori.
L’accoglienza dei celerini era già la spia di un piano non pacifico. Chi dissente è comunista e nemico del sistema. Con un simile refrain, figuriamoci se in questo stato di cose i terremotati potevano veder esaurita la soddisfazione ed il diritto di parlare con chi decide della loro vita/morte. Ad incontrare i terremotati ci hanno provato Bersani, Pannella, Di Pietro ed altri, affrontando anche i fischi, altro che scudi umani.
Nessuno della maggioranza ha avuto il rispetto e l’educazione di ascoltare. E nell’Italia del 2010 dopo 16 anni di un Presidente del Consiglio abituato ad assoli e comizi alla cipria e mai a confronti o vere interviste, questo passa per normale. Tutti quelli che hanno manifestato, lo hanno fatto sapendo che essere ricevuti da Berlusconi è pretesa impossibile. Ma chiediamoci perché è pretesa impossibile, una volta per tutte, e non un diritto dei cittadini elettori, che in passato hanno sempre avuto.

Berlusconi compare a L’Aquila nei giorni del terremoto a consolare la vecchietta in lacrime che ha perso tutto, e il giorno dopo mostra la sua infinita bontà regalandole una dentiera nuova, assicurandosi che la stampa lo sappia. E l’Italia si commuove.
Inaugura la nuova Onna di legno, fatta dalla Provincia di Trento e se ne assume il merito a Porta a Porta.
Offre le sue case ai terremotati, ma poi nessuno in realtà vedrà mai i suoi harem in Sardegna o ad Arcore. Ci impone villaggi di cartone su cui hanno mangiato cricche e sciacalli ma non fa una legge che stabilisca la disponibilità di fondi per la ricostruzione della città storica, rimasta abbandonata. Poi però ci infila una bottiglia di spumante nel frigo, questo sì che lo ricordano tutti. Vallo a spiegare ora agli italiani, vittime di questi trucchi, che non siamo degli ingrati. E’ che le tasse da restituire, sommate a quelle correnti non le riusciamo proprio a pagare, perché i nostri negozi non hanno riaperto. Il lavoro non c’è più. Le fabbriche stanno abbandonando il territorio morente, chi non è cassintegrato qui è disoccupato. E non si vive nei villaggi provvisori di lunga durata, si sopravvive. E spesso si muore anche, di suicidio. Ma questo succede negli hotel della costa, dove ancora in migliaia alloggiano o nei camper e nelle sistemazioni di fortuna di chi non è entrato in un alloggio provvisorio perché non bastano per tutti, ma appena per la metà dei senza tetto.
Silvio giura sulle bare dei 309 morti che il popolo aquilano non sarebbe stato lasciato solo.

Ieri il popolo chiedeva solo ascolto. Uno Stato che non ascolta i bisogni dei disastrati ha perso il suo stesso senso.
Poi la beffa della rassegna stampa degli scontri. I quotidiani di Berlusconi e gli ormai suoi tg1, tg5 rete4 hanno raccontato non una versione attenuata della imbarazzante verità, ma una clamorosa bugia che addirittura ribalta i ruoli di vittime e carnefici.
I titoli di questa volgarissima disinformazione parlano di provocatori dei centri sociali se non addirittura di black block infiltrati tra gli aquilani. Ma nessuno li ha visti neppure nelle tante foto che mostrano le prime linee del corteo fatte di persone normali, con anziani panciuti che hanno sfidato i calli e l’artrosi, donne accaldate armate di ventaglio, ragazzi e persino sindaci con la fascia e vigili urbani con gli stendardi dei comuni.
Saremmo al comico, se non fosse spaventoso. Lo Stato che manganella i terremotati ed i simboli degli enti locali. Io stessa sono stata violentemente spinta al muro da un celerino, risparmiata grazie all’On Paola Concia che ha gridato il mio ruolo istituzionale all’agente armato di manganello.
Durante l’intrappolamento sotto il sole di 5000 persone a 39 afosissimi gradi, nel traffico di piazza Venezia, con malori e grida disperate di farci spostare almeno all’ombra di via del Corso, ho avuto il presentimento che un salto verso il peggio era in atto nella fragile democrazia italiana. L’ulteriore conferma è arrivata quando ho visto correre impauriti e sparpagliati i miei concittadini; facce che conosco, mamme, lavoratori, pensionati, su via del corso, inseguiti dai manganelli. Mai vista un’Italia così, sembrava di essere altrove e in altri tempi. Il tremore su tutto il corpo mi ha accompagnata fino a casa, la sera.
L’Aquila è solo il concentrato anticipatore di tutte le tensioni, perché nessun luogo del Paese vive maggiori difficoltà in questo momento. E in nessun luogo la censura dei media asserviti fa più danni materiali e morali. Lo sciopero di domani, della parte sana dell’informazione, sarà infatti anche per noi.

Dove si acuisce la disperazione cova la ribellione. Ed infatti dopo ieri anche chi è rimasto a casa giura che la prossima volta ci sarà. I nostri Governanti cominciano a percepire di non avere più la capacità di fermare il risveglio in corso e soprattutto la credibilità per fornire soluzioni al paese. Resta l’ultima spiaggia della violenza per reprimere il dissenso e la verità, piuttosto che affidarsi a soluzioni democratiche e ragionevoli che non garantirebbero i loro privati interessi.
Il re-gime è nudo.

*Stefania Pezzopane
Assessore Comune dell’Aquila
Vice Presidente del Consiglio Provinciale