- di Stefania Pezzopane* -
L’Aquila smaschera Berlusconi.
La vera faccia del suo Governo è quella violenta e repressiva che abbiamo visto ieri a Roma, e del travisamento delle notizie poi. L’Italia stia in guardia. “Oggi a noi, domani a chiunque”, come diceva uno slogan dei manifestanti.
Il pacifico corteo era il nostro ennesimo tentativo (e ogni volta siamo di più) di far sapere al Paese come stanno veramente le cose dietro clamori e bugie raccontati, sul terremoto del miracolo, da una parte di stampa pericolosamente asservita e troppo visibile.
La consegna per gli uomini dell’ordine era invece quella di bloccare, ad ogni costo. Lo hanno fatto, a costo del sangue dei terremotati, ma col rammarico negli occhi, essi stessi.
Perché non farci arrivare sotto i palazzi del potere solo per dire quello che avevamo da dire? Si trattava non di manifestazione politica ma di rabbia civilmente organizzata dai cittadini spontaneamente e non dalla “sinistra che usa 5000 terremotati come scudi umani contro il Governo” come Il Giornale di Feltri ha riportato per nascondere l’ormai diffuso dissenso verso un Governo che non sa governare e scontenta tutti, tranne abusivi ed evasori.
L’accoglienza dei celerini era già la spia di un piano non pacifico. Chi dissente è comunista e nemico del sistema. Con un simile refrain, figuriamoci se in questo stato di cose i terremotati potevano veder esaurita la soddisfazione ed il diritto di parlare con chi decide della loro vita/morte. Ad incontrare i terremotati ci hanno provato Bersani, Pannella, Di Pietro ed altri, affrontando anche i fischi, altro che scudi umani.
Nessuno della maggioranza ha avuto il rispetto e l’educazione di ascoltare. E nell’Italia del 2010 dopo 16 anni di un Presidente del Consiglio abituato ad assoli e comizi alla cipria e mai a confronti o vere interviste, questo passa per normale. Tutti quelli che hanno manifestato, lo hanno fatto sapendo che essere ricevuti da Berlusconi è pretesa impossibile. Ma chiediamoci perché è pretesa impossibile, una volta per tutte, e non un diritto dei cittadini elettori, che in passato hanno sempre avuto.
Berlusconi compare a L’Aquila nei giorni del terremoto a consolare la vecchietta in lacrime che ha perso tutto, e il giorno dopo mostra la sua infinita bontà regalandole una dentiera nuova, assicurandosi che la stampa lo sappia. E l’Italia si commuove.
Inaugura la nuova Onna di legno, fatta dalla Provincia di Trento e se ne assume il merito a Porta a Porta.
Offre le sue case ai terremotati, ma poi nessuno in realtà vedrà mai i suoi harem in Sardegna o ad Arcore. Ci impone villaggi di cartone su cui hanno mangiato cricche e sciacalli ma non fa una legge che stabilisca la disponibilità di fondi per la ricostruzione della città storica, rimasta abbandonata. Poi però ci infila una bottiglia di spumante nel frigo, questo sì che lo ricordano tutti. Vallo a spiegare ora agli italiani, vittime di questi trucchi, che non siamo degli ingrati. E’ che le tasse da restituire, sommate a quelle correnti non le riusciamo proprio a pagare, perché i nostri negozi non hanno riaperto. Il lavoro non c’è più. Le fabbriche stanno abbandonando il territorio morente, chi non è cassintegrato qui è disoccupato. E non si vive nei villaggi provvisori di lunga durata, si sopravvive. E spesso si muore anche, di suicidio. Ma questo succede negli hotel della costa, dove ancora in migliaia alloggiano o nei camper e nelle sistemazioni di fortuna di chi non è entrato in un alloggio provvisorio perché non bastano per tutti, ma appena per la metà dei senza tetto.
Silvio giura sulle bare dei 309 morti che il popolo aquilano non sarebbe stato lasciato solo.
Ieri il popolo chiedeva solo ascolto. Uno Stato che non ascolta i bisogni dei disastrati ha perso il suo stesso senso.
Poi la beffa della rassegna stampa degli scontri. I quotidiani di Berlusconi e gli ormai suoi tg1, tg5 rete4 hanno raccontato non una versione attenuata della imbarazzante verità, ma una clamorosa bugia che addirittura ribalta i ruoli di vittime e carnefici.
I titoli di questa volgarissima disinformazione parlano di provocatori dei centri sociali se non addirittura di black block infiltrati tra gli aquilani. Ma nessuno li ha visti neppure nelle tante foto che mostrano le prime linee del corteo fatte di persone normali, con anziani panciuti che hanno sfidato i calli e l’artrosi, donne accaldate armate di ventaglio, ragazzi e persino sindaci con la fascia e vigili urbani con gli stendardi dei comuni.
Saremmo al comico, se non fosse spaventoso. Lo Stato che manganella i terremotati ed i simboli degli enti locali. Io stessa sono stata violentemente spinta al muro da un celerino, risparmiata grazie all’On Paola Concia che ha gridato il mio ruolo istituzionale all’agente armato di manganello.
Durante l’intrappolamento sotto il sole di 5000 persone a 39 afosissimi gradi, nel traffico di piazza Venezia, con malori e grida disperate di farci spostare almeno all’ombra di via del Corso, ho avuto il presentimento che un salto verso il peggio era in atto nella fragile democrazia italiana. L’ulteriore conferma è arrivata quando ho visto correre impauriti e sparpagliati i miei concittadini; facce che conosco, mamme, lavoratori, pensionati, su via del corso, inseguiti dai manganelli. Mai vista un’Italia così, sembrava di essere altrove e in altri tempi. Il tremore su tutto il corpo mi ha accompagnata fino a casa, la sera.
L’Aquila è solo il concentrato anticipatore di tutte le tensioni, perché nessun luogo del Paese vive maggiori difficoltà in questo momento. E in nessun luogo la censura dei media asserviti fa più danni materiali e morali. Lo sciopero di domani, della parte sana dell’informazione, sarà infatti anche per noi.
Dove si acuisce la disperazione cova la ribellione. Ed infatti dopo ieri anche chi è rimasto a casa giura che la prossima volta ci sarà. I nostri Governanti cominciano a percepire di non avere più la capacità di fermare il risveglio in corso e soprattutto la credibilità per fornire soluzioni al paese. Resta l’ultima spiaggia della violenza per reprimere il dissenso e la verità, piuttosto che affidarsi a soluzioni democratiche e ragionevoli che non garantirebbero i loro privati interessi.
Il re-gime è nudo.
*Stefania Pezzopane
Assessore Comune dell’Aquila
Vice Presidente del Consiglio Provinciale