don Olivo Bolzon
Lettera alla Tribuna di Treviso
Caro Direttore, penso che la mia voce si aggiunga a quella di tanti altri lettori trevigiani.
Mi riferisco al testo del discorso pronunciato alla festa della Lega di Venezia dal vice-sindaco di Treviso, Gentilini, e riportato nel quotidiano «La Tribuna» di mercoledì 17 settembre.
Non mi fa nessuna voglia entrare in polemica con quel signore che ha mostrato nel suo dire un campionario di volgarità indegne di una persona normale.
Vorrei piuttosto rivolgere la mia attenzione alla gente che si trova ad averla come autorità politica votata dalla maggioranza di cittadini. Oltre alla volgarità del parlare mi ha impressionato il tono del suo intervento: «Voglio la rivoluzione contro clandestini e campi nomadi. Voglio eliminare i bambini che rubano ai nostri anziani. Gli immigrati? A pregare nel deserto e pisciare in moschea. Prenderò dei turaccioli e li metterò in bocca e su per il c...».
Ho il ricordo di un certo Hitler che parlava proprio così e voleva la purezza della razza ariana e inventava i campi di sterminio per i nomadi, i dissidenti e gli ebrei.
A parte la sanità mentale di questa persona, sono immagini che suscitano tristezza. Se costui rappresenta una maggioranza di cittadini è triste riconoscere l'umanità di una cittadinanza del genere.
Fortunatamente e doverosamente altre sono le immagini che la Chiesa oggi ci propone.
Penso al grande evento di Assisi del 27 ottobre 1986, insieme e secondo il proprio credo ognuno ha pregato. Lo spirito di Assisi rinnova ogni anno questa immagine nelle varie parti del mondo.
La nostra chiesa sappia vivere fortemente questo spirito e incarnarlo nelle sue strutture e nella sua vita quotidiana.
Mi viene alla mente anche un'altra immagine che mi rattrista e che si rinnova ogni anno: questo stesso signore nel giorno dell'Assunta offre al vescovo della nostra chiesa un cero, simbolo di una fede ardente dei trevigiani.
Associo questa immagine a Gesù che caccia i venditori dal tempio e mi sembra adeguato il desiderio che, senza reticenze, la chiesa ravvivi in questo tempo il dialogo di accoglienza, un dono dell'amicizia e della pace come segno di vera religiosità.
Vorrei infine vedere superata nei fatti quotidiani - e molti ce ne sono - ogni ostilità, ogni negatività perché coloro che cercano la vita, non siano penalizzati né dalla legge né dal tante volte reale rifiuto di accogliere chi ha diritto al lavoro, alla casa, all'educazione dei figli.
L'emigrazione non è stata per noi italiani nel passato e non è ora un reato. Le parole di questo signore, che fa il politico, ci allettano nell'intimo delle nostre coscienze e chiedono segni di fraternità vera e quotidiana nell'esercizio della nostra fede.
Don Olivo Bolzon San Floriano
La Tribuna di Treviso 27.09.08
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