domenica 1 aprile 2007

Auguri di Pasqua

Auguri di Pasqua accompagnati da questo toccante scritto di Edith Moniz.

Edith si dedica al recupero dei bambini abbandonati di San Paolo, combattendo tra l'indifferenza delle istituzioni e la sordità delle associazioni e dei gruppi che, come lei, si dedicano allo stesso problema, tesi più a far sopravvivere le loro istituzioni che aiutare veramente gli ultimi. L'abbandono e la sofferenza che vive e vede ogni giorno l'ha spinta a scrivere questa invocazione.


LETTERA AL PADRE

Se voglio parlare con Dio
Devo accettare il dolore
Devo mangiare il pane
della sofferenza
Devo diventare un cane
Devo leccare il pavimento
dei palazzi, dei castelli
sontuosi dei miei sogni
Devo diventare malinconico
Devo trasformarmi umiliato
E nonostante tutto il male
Allegrare il mio cuore
(dalla canzone "Se quiser falar com Deus" di Gilberto Gil)

Ancora una volta siamo venuti in contatto con la brutalità della vita, con l'implacabile lotta per la sopravvivenza, con il sangue che scorre dalle ferite dell'anima di una umanità abbandonata a se stessa. La storia è quella di sempre, abbandono, miseria e morte. Il maledetto alcool ad oscurare la mente dell'uomo che usa sua figlia adolescente. Dopo mesi di disperazione e solitudine, con l'aiuto della madre, la ragazza realizza la sua vendetta.

In quel momento, Padre, sono morta
Lo tenevo stretto e morivo
Lo picchiavo e morivo
Vedevo il suo sangue e morivo

Non avevo altra scelta, Padre,
L'ho fatto
Soffocavo le sue urla
Nelle mie mani

Ero stanca, Padre,
Delle notti di gemiti
Dei silenzi umilianti
Del dolore scuro

Ero sola, Padre,
Appesa viva ad una croce imposta
Nella miseria della baracca
Nella moltitudine complice di sguardi vitrei

Libera il mio grido, Padre,
Sciogli i nodi della disperazione della mia vita Non lasciare il ricordo approppriarsi di me

Parla, Dimmi, Fatti vedere
Non abbandonarmi, Padre,
Non abbandonarmi



Ho visto un popolo oppresso piangere il dolore (E vogliono farmi credere che siamo felici). Ho visto la mia gente incatenata alle sue stesse lacrime, incapace perfino di un semplice gesto (E continuano a dirmi quanto è bella la nostra allegria). Ho visto me stessa guardare rassegnata (E continuano a riempirmi di elogi). Ho visto il mio silenzio contagiare il mondo (E nessuno la smette di lavorare per nobili cause). Ho visto il mondo girare la testa (E poi rammaricarsi per le vite perdute).
Ho visto.
La mia solitudine senza aiuto grida dal profondo, supplica l'aiuto di mio Padre. Crudele, distante, muto.

Sarebbe più facile non amarti, Padre. Tu sei egoista. Tu vuoi tutto. Tu vuoi vedere la morte. Tu ti rallegri con la sofferenza altrui. E ancora pretendi che ti chiami Padre.
Tu mi hai dato queste mani, Padre
Per farmele trafiggere
Tu mia hai dato questi piedi
Per farmeli sanguinare in piaghe
Tu mi hai dato questi miei occhi
Per farmi vedere la sofferenza del mio popolo Perché, Padre?
Perché?

Adesso che il mio grido si è prosciugato nella raucedine, che le lacrime riseccano nei solchi e il dolore mi ha trasformato in pietra, adesso lo so. Ossessionata dalla fretta, assetata di vendetta, intoppata di orgoglio e pregiudizio, non sentivo. Le mie domande erano sbagliate. Tutte. Avevo dimenticato che se eu quiser falar com deus (se voglio parlare con Dio)...

Adesso lo so. E di questo Ti ringrazio.
Il terribile prezzo del tuo Amore, Padre, è la Libertà.


São Paulo, Brasil, Settimana Santa 2007

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