di don Olivo Bolzon
Ho apprezzato molto la vostra puntuale informazione e riflessione sul grave problema del vescovo e del prete lefebvriani. Ho anche sentito piena adesione alle puntualizzazioni del nostro vescovo, del vicario generale e del delegato diocesano dell'Ecumenismo sulla questione. Vorrei aggiungere un mio «perché» a questa improvvisa posizione negazionista in questo momento.
La situazione mondiale sta conoscendo un decisivo declino delle dottrine di Bush, la sua divisione fra stati buoni e stati canaglie, la sua dottrina sulla guerra permanente come unica difesa al terrorismo.
La grande crisi segna nuove speranze, l'assoluto dell'economia non salva, i potenti non sono più in grado di dare speranza di vita. Ed è in questa realtà che nasce il mio perché, perché i lefebvriani rientrano nella chiesa, che avevano tanto criticato e poi abbandonato.
La misericordia di Benedetto XVI che toglie la scomunica è certo un fatto determinante per l'azione pastorale della chiesa. Ma i lefebvriani ritornano per una vera conversione al cammino conciliare o per una crociata anti-conciliare dall'interno della chiesa?
La loro nascita è il rifiuto del Concilio, qualcosa di totalmente negativo. Il loro fondatore è morto rifiutando ogni serio rapporto con la chiesa di Roma e anzi sfidandola in maniera aperta con la consacrazione di quattro vescovi. La pazienza di Roma ha premiato alcune loro attese: la Messa preconciliare in latino, ora la rimozione della scomunica, il continuo ascolto per una riconciliazione.
Ma che significato ha questo cammino per le nostre chiese diocesane, per il nostro popolo. Perché queste dichiarazioni negazioniste? Non sono forse un triste tentativo di svuotare il Concilio, non più dall'esterno, ma dall'interno della chiesa?
Il popolo ebraico ridiventa il popolo deicida, non c'è assolutamente possibilità di dialogo con le altre religioni: solo totale condanna. «La dichiarazione sulle relazioni della chiesa cattolica con le religioni non cristiane» fondata sul dialogo che riconosce in tutte le religioni i semi del Verbo, il decreto «Unitatis Redintegratio» che parla di conversione delle chiese per testimoniare l'unità del genere umano nel servizio della loro evangelizzazione comune non sono stati sempre obiettivi dichiaratamente avversati dalla Fraternità di Lefebvre?
La dichiarazione sulla libertà religiosa «Dignitatis Humanae» è stata sempre l'obiettivo del loro fondamentale disaccordo con la chiesa di Roma (si possono consultare i discorsi e le azioni di Lefebvre nei cinque volumi di Alberigo sulla storia del Concilio Vaticano Secondo).
Non saranno questi dei ballons d'essai, delle avvisaglie dei loro disegni e della loro volontà di vanificare il Concilio dall'interno? Sono domande che mi sento di proporre all'attenzione delle nostre chiese soprattutto in questo particolare momento in cui anche l'ideologia del libero mercato, come quella del marxismo, ha mostrato il suo disegno di divisione e di morte per la nostra umanità.
Queste frange religiose non rischiano di essere a servizio dei potenti e dei loro disegni di distruzione e di morte?
Don Olivo Bolzon San Floriano di Castelfranco
da La Tribuna di Treviso, 3 febbraio 2009
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