mercoledì 15 giugno 2011

Il popolo dei disobbedienti


di ILVO DIAMANTI

IL REFERENDUM è passato ma i suoi effetti - politici e sociali - dureranno a lungo. Perché il successo del referendum è, a sua volta, effetto di altri processi, maturati in ambito politico e sociale. E perché i referendum hanno sempre marcato le svolte della nostra storia repubblicana.

Fin dal 1946 - quando nasce, appunto, la Repubblica. Poi: nel 1974, il referendum sul divorzio. Il Sessantotto trasferito sul piano dei costumi. La svolta laica e antiautoritaria della società italiana. Nel 1991, giusto vent'anni fa, il referendum sulla preferenza unica per la Camera. È il muro di Berlino che rovina su di noi. Annuncia la fine della Prima Repubblica e l'avvio della Seconda. Nel 1995, il referendum contro la concentrazione delle reti tivù. Dunque, contro la posizione dominante di Berlusconi. Fallisce. E rende difficile, in seguito, ogni azione contro il conflitto di interessi. Da lì in poi tutti i referendum abrogativi falliscono. A partire da quello dell'aprile 1999. Riguardava l'abolizione della quota proporzionale nella legge elettorale. Non raggiunse il quorum per una manciata di votanti. Sancisce la fine del referendum come metodo di riforma e di cambiamento istituzionale, ad opera della società civile. Perché i referendum sono strumenti di democrazia diretta. Complementari, ma anche critici rispetto alla democrazia rappresentativa. Ai partiti e ai gruppi dirigenti che li guidano. Per questo hanno la capacità di modificare bruscamente il corso della storia. Quando il distacco fra la società civile e la politica diventa troppo largo. Negli ultimi vent'anni questo divario è stato colmato - in modo artefatto - dalla personalizzazione, dallo scambio diretto fra i leader e il popolo, attraverso i media. Ora questo ciclo pare finito. Il referendum di domenica scorsa lo ha detto in modo molto chiaro e diretto.

In attesa di vedere cosa cambierà - a mio avviso, molto presto - proviamo a capire cosa sia avvenuto e perché.

1. Il referendum, come avevamo già scritto, è il terzo turno di questa lunga e intensa stagione elettorale. Il suo esito è stato, quindi, favorito dai primi due turni. Le amministrative. Dal successo del centrosinistra a Milano, Napoli, Torino, Bologna, Cagliari, Trieste. E dalla parallela sconfitta del Pdl e della Lega. Soprattutto, ma non solo, nel Nord. I referendum erano stati dissociati, temporalmente, dalle amministrative, per ostacolarne la riuscita. È avvenuto esattamente il contrario. Le amministrative hanno agito da moltiplicatore della mobilitazione e della partecipazione. Un effetto boomerang, per il governo, come ha rammentato Gad Lerner all'Infedele.

2. I singoli quesiti posti dai referendum, come di consueto, non sono stati valutati in modo specifico, dagli elettori. La differenza tra proprietà e uso dell'acqua, l'utilità della ricerca nucleare. In secondo piano. Al centro dell'attenzione dei cittadini, altre questioni, non di merito ma sostanziali. Il valore del bene comune. Il bene comune come valore. Ancora: la sicurezza intesa non come "paura dell'altro" ma come tutela dell'ambiente. La ricerca del futuro, per noi e per le generazioni più giovani.

3. Letti in questa chiave, i referendum sono divenuti l'occasione per fare emergere un cambiamento del clima d'opinione, ormai nell'aria - chi non ha il naso chiuso dal pregiudizio lo respirava da tempo. Una svolta mite, annunciata dal voto amministrativo, ribadita dal referendum. Una svolta di linguaggio, di vocabolario, che ha restituito dignità a parole fino a ieri dimenticate e impopolari. Vi ricordate altruismo e solidarietà? Chi aveva più il coraggio di pronunciarle? Per questo, paradossalmente, il referendum sul legittimo impedimento, il più politico, il più temuto dalla maggioranza e anzitutto dal suo capo, è passato quasi in second'ordine. A traino degli altri.

4. Qui c'è una chiave, forse "la" chiave del risultato. I referendum riflettono il cambiamento carsico, avvenuto e maturato nella società. Che, secondo Giuseppe De Rita, si sarebbe ulteriormente frammentata. In questa galassia, attraversata da emozioni più che da ragioni, dalle passioni più che dagli interessi, è cresciuto un movimento diffuso. Affollato di giovani e giovanissimi. La cui voce echeggia attraverso mille piccole manifestazioni, nei mille piccoli luoghi di vita quotidiana. Attraverso il contatto diretto. Attraverso la Rete. Per questo è poco visibile. Ma attivo e vitale. L'ostracismo della maggioranza di governo, il silenzio di MediaRai. Li hanno aiutati. Legittimati. Perché la tivù MediaRai e i suoi padroni, ormai, sono il passato.

5. Tuttavia, una partecipazione così alta sarebbe stata impensabile se non avesse coinvolto altri settori della società. Il popolo della Rete, per quanto ampio, è una èlite. Giovane, colta, cosmopolita. Non avrebbe sfondato se non avesse coinvolto genitori, nonni, zii. Un elettorato largo e politicamente trasversale. Il successo dei referendum, infatti, scaturisce dalla spinta dei movimenti sociali, dal sostegno dei partiti e degli elettori di centrosinistra. Ma anche da quelli di centrodestra. Si guardi la geografia elettorale della partecipazione. Le Regioni del Nord (ora non più) Padano hanno espresso i tassi di partecipazione fra i più elevati. Osserviamo, inoltre, il risultato complessivamente ottenuto alle Europee del 2009 dai partiti di Centrosinistra, Sinistra e dall'Udc. Quelli che hanno sostenuto l'opportunità di votare in questa occasione. Ebbene, risulta evidente che la partecipazione è stata molto più ampia rispetto alla loro base. Nel Nord Est: ha votato il 32% (e circa 1.700.00) di elettori in più. Nel Nord Ovest: il 29% (e circa 3.500.000) di elettori in più. In Italia, complessivamente, il 28% (e circa 13.000.000) di elettori in più. (Elaborazioni Demos, su dati Ministero degli Interno; indicazioni analoghe provengono dalle analisi dell'Istituto Cattaneo su dati delle elezioni politiche 2008).

6. Da qui il senso generale di questo passaggio elettorale. È cambiato il clima d'opinione. Il tempo della democrazia personale e mediale - come ha osservato ieri Ezio Mauro - forse è alla fine. Mentre si scorgono i segni di una democrazia di persone, luoghi, sentimenti. Passioni. I partiti e gli uomini che hanno guidato la stagione precedente, francamente, sembrano improvvisamente vecchi e fuori tempo. Il Pdl - ma anche la Lega. Berlusconi - ma anche Bossi. Riuscivano a parlare alla "pancia della gente", mentre la sinistra pretendeva di parlare alla "testa". Per questo il centrodestra era popolare. E la sinistra impopolare. Fino a ieri. Oggi, scopriamo che, oltre alla pancia e la testa, c'è anche il cuore. Parlare al cuore: è importante.

Fonte: La Repubblica (15 giugno 2011)

sabato 11 giugno 2011

LETTERA 150 marzo-giugno 2011


di Ettore Masina

Raccontini a margine dei referendum

Fu nella gelida primavera del 1987 che conobbi, a Kiev, un uomo che era stato a Chernobyl, aveva visto l’Inferno e tuttavia era di nuovo felice. Non ricordo il suo nome; era il ministro della Ricerca scientifica della repubblica sovietica ucraina. Raccontò di essere andato “sul posto” non appena avuta notizia del disastro e di esservi rimasto tre settimane per coordinare gli interventi. Dopo i primi giorni, radiatori geiger più sensibili avevano rilevato che le protezioni usate fino a quel momento dai soccorritori, non erano sufficienti. I medici avevano tetramente scosso il capo. Il ministro ci confidò che non gli era sembrata condanna troppo grave, lui non aveva più voglia di vivere Aveva saputo che sua figlia, abitante a pochi chilometri dalla dannata centrale, era incinta. Da Kiev il governo premeva perché le gestanti abortissero i feti irradiati; la figlia del ministro si era rifiutata di farlo.

Rientrato nella capitale, l’uomo aveva completamente perso la voce per quindici giorni, poi la voce era tornata e se n’era andata la sensazione di debolezza che lo aveva afflitto. Si sentiva giovane e forte, dichiarò. Ma era felice, soprattutto perché gli era nata una nipotina “perfetta”, niente a che vedere con certi poveri piccoli mostri. Due mesi più tardi telefonai per avere sue notizie. “Il compagno ministro è morto – mi rispose un funzionario. -La nipotina? Non so niente di nipotine”.

Era una favela grande, nello splendore della Bahia. Arrivò un vecchio Prete-Manager italiano e decise che avrebbe beneficato i poveri, costruendo un ospedale; e costruendolo proprio lì, dove stava la favela. Tra il Vecchio e i favelados cominciò allora una guerra fatta di avvocati, carte bollate e polizia, da una parte, e, dall’altra, gli analfabeti e i loro bambini. Il primo round fu vinto dai testardi baraccati e allora qualcuno arruolò un gruppo di jaçungos per le necessarie pulizie. Gli jaçungos sono piccoli e grandi delinquenti, non costano neppure tanto e lavorano bene. Visitarono di notte la favela, spararono in alto, distrussero i piccoli orti, diedero qualche spallata alle baracche. I bambini piansero, gli uomini e le donne no. Gli imprenditori domandarono ai teppisti se fossero rincoglioniti, si dessero da fare. Allora gli jaçungos dinamitarono una fonte intorno alla quale la faavela era sorta - e la storia finì. Senza libera acqua i poveri non vivono. Il prete-manager diventò ancora più santo. (Interrogazione del deputato Masina al ministro degli esteri, X legislatura, 1989).

Simòn Perez Mocilla aveva sedici anni quando, nell’aprile del 2000, marciò verso Cochabamba, la terza città della Bolivia. con tutti gli abitanti del suo villaggio. Sulla strada nazionale, quando vi entrarono, c’era già una folla fittissima di campesinos e minatori di altri paesi; e c’erano le donne con i loro cappelli duri che i turisti italiani definiscono ridendo “bombette” e gli abiti verdi e rossi, e le bambine con grandi trecce nere, e i maschietti che cercavano di imparare le canzoni dei padri. Simòn e i suoi compagni gridavano: “L’acqua è nostra, l’acqua è nostra”: L’anno prima il governo aveva venduto la distribuzione dell’acqua a una multinazionale. Subito le tariffe erano state più che quadruplicate e poco dopo ancora quadruplicate. Persino per raccogliere l’acqua piovana ci voleva un permesso. Ogni famiglia doveva pagare per l’acqua almeno 2 dollari al giorno, cioè un quarto della spesa per il vitto. Gli ufficiali giudiziari correvano da una all’altra capanna per estorcere i balzelli. Inutilmente i vecchi avevano raccontato che l‘acqua era un dono della Pacha Mama, la grande Madre Terra. Quando il popolo boliviano decise che né acqua né aria potevano essere vendute, le multinazionali inferocirono: non soltanto quegli straccioni si permettevano di protestare, ma se avessero avuto successo avrebbero certamente finito per sostenere che anche il petrolio e il gas erano doni di quella loro genitrice del c… Allora i gringos misero sull’attenti i loro complici boliviani e questi inviarono la polizia con l’ordine di reprimere la protesta. Vi furono 6 morti e 175 feriti. Simòn fu ucciso mentre cercava di portare in salvo un bambino accecato dai lacrimogeni. Il governo si rimangiò l’accordo con la multinazionale.

Mentre la visagista gli rifaceva il tatuaggio sul cranio, la segretaria gli ricordò con qualche imbarazzo che il giorno dopo ci sarebbe stata “quell’udienza” in tribunale. Lui la guardò sorridendo, disse: “Mi consenta” e fece il gesto dell’ombrello.

Una constatazione (Centro Ricerca Pace, Viterbo)

Perdere i referendum, ovvero non raggiungere il quorum avrebbe conseguenze disastrose: la sconfitta rafforzerebbe enormemente le norme di legge che i referendum propongono di abrogare. In dettaglio: non raggiungere il quorum nel referendum per fermare il nucleare avrebbe come risultato un fortissimo sostegno alla follia nucleare; non raggiungere il quorum nei due referendum in difesa dell'acqua avrebbe come risultato un fortissimo sostegno alla mercificazione dell'acqua; non raggiungere il quorum nel referendum sul principio dell'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge avrebbe come risultato un fortissimo sostegno all'eversione dall'alto neofeudale.

Passaparola

Attenzione!

Le schede dei referendum sono di tipo "carta copiativa" ; se le sovrapponi, si segnano anche quelle sotto, che poi vengono annullate.

Il mio libro

Ettore Masina, L'ARCIVESCOVO DEVE MORIRE. Oscar Romero e il suo popolo. Ed. Il Margine, Trento

Pubblicato un libro, bisogna diffonderlo. Le coraggiose “piccole” editrici sono fortemente penalizzate da questo punto di vista perché non dispongono di un'apposita organizzazione, e, da parte loro, i librai sono per lo più impacciati dalla molteplicità della produzione e restii ad assumere impegni scarsamente retributivi. L'apparato pubblicitario impone, di fatto, autori e tendenze. Certi scrittori e certi libri rimangono ai margini del mercato editoriale, se i lettori non intervengono con le loro scelte consapevoli e solidali, facendosi essi stessi protagonisti di cultura, segnalando ad amici e librai le proprie positive esperienze. Da questo punto di vista è prezioso il tam tam dei lettori.

Per tutte queste ragioni e per l'interesse che porto al mio terzo libro su Romero (oltre a tutto, data la mia età, mi pare ovvio che sarà l'ultimo della mia, come dire?, produzione), ho ottenuto che la casa editrice pratichi ai miei amici lo sconto del 20% sul prezzo di copertina ´(18 €), il 22% se l’ordinazione è di 2 copie o più. La spedizione è gratis. Smisterò io stesso le richieste che mi arriveranno per e-mail. Indicate per favore l’indirizzo postale al quale volete ricevere il plico.

Dicono i lettori:

***La vicenda di Romero è penetrata fino alle radici dell’essere uomo e credente di Masina. Lui perciò ricrea il personaggio con l’autenticità e con la plasticità del grande artista. Raffaele Nogaro. ***Ritorna – riveduto e aggiornato con le ultime notizie sui retroscena del suo omicidio- il “classico” di Ettore Masina, uno dei libri più belli, intensi, emozionanti, sul vescovo Romero e sul suo popolo martoriato Gentes. *** Dobbiamo essere riconoscenti a Ettore Masina, al suo stile fluente, per averci comunicato un’immagine storica, spoglia di trionfalismi e profondamente evangelica, di questo santo del popolo, dei “dannati della terra. Leonardo Boff. ***Un’appassionata e lucida monografia. Gabriella Caramore, Uomini e Profeti. ***Ho appena terminato di leggere il libro. Esco sconvolto da questa lettura. Il libro mi ha tenuto col cuore in gola, anche se conoscevo benissimo il finale. E' un volume che consiglierò a tutti, magnifico. Gianluca Veltri. ***Sono una piccola sorella del Vangelo delle fraternita' di Charles de Foucauld., ho vissuto 24 anni di missione nel Salvador, terra "santa" di martiri. Ho apprezzato moltissimo il Suo libro, e puo' immaginare come mi abbia fatto rivivere la storia di questo mio popolo di adozione. Ci sarebbero tante cose di cui vorrei parlare con lei. Tanti nomi che Lei cita di gente conosciuta e amata... Ciò che piu' ho apprezzato e' la Sua maniera di coinvolgersi con la sofferenza della gente e l'amore verso Monsignor Romero. Grazie per questa grande testimonianza che dà nel libro; spero che siano in tanti a sentirla, apprezzarla e viverla come la vive Lei- piccola sorella Franca *** Ho appena finito di leggere L'Arcivescovo deve morire . Questo libro cosi fedele, che non giudica ma racconta, come se si fosse stati li' , ha il potere di far comprendere come l'Amore umile possa vincere su tutto. Barbara Villatora *** Grazie Ettore per le emozioni che hai saputo donarci ! Loris Nobili

giovedì 9 giugno 2011

Io vado a votare



ENERGIA

Ovunque l’uomo esplica la propria quotidiana attività c’è bisogno di energia. Tutto ciò che ci circonda ha bisogno di energia per funzionare, o quantomeno ne ha avuto bisogno per essere prodotto.

Per poter fornire l’energia vengono bruciate ingenti quantità di combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturali), che provocano l’emissione in atmosfera di gas come il diossido di carbonio (CO2), che provoca l’effetto serra, una delle cause più importanti del cambiamento climatico.

L’elevata quantità di questi gas, alterando lo scambio di energia tra l’interno e l’esterno dell’atmosfera, provoca un mutamento degli equilibri climatici del nostro pianeta.

Più ancora, i combustibili fossili non solo ammorbano l’ambiente nel momento in cui vengono usati per produrre elettricità, ma occorre estrarre la materia prima, trasformarla, trasportarla e dopo averla usata nelle centrali, gestirne i residui (solidi, liquidi, gassosi).

Ad esempio, l’estrazione del petrolio (per i trasporti, il riscaldamento, la produzione di plastica, nylon, poliestere...) avviene quasi sempre in ambienti naturali come oceani, selve tropicali... e ciò implica inquinamento, deforestazione, espulsione di popolazioni indigene dal proprio habitat; il suo trasporto avviene attraverso oleodotti di migliaia di chilometri o grandi petroliere che, come si sa, spesso provocano incidenti drammatici (sversamenti in mare).

Ugualmente dicasi per il carbone, che si estrae in un luogo e si consuma in un altro, ed è perciò necessario trasportarlo, anche da un continente all’altro. Inoltre, la produzione di elettricità nelle centrali termiche è un processo altamente inquinante.

L’energia nucleare non è una soluzione

• Le centrali nucleari emettono nell’ambiente sostanze radioattive.

• Producono residui radioattivi che continueranno ad essere pericolosi per centinaia di migliaia di anni.

• Nei pressi delle centrali nucleari si è registrata una maggiore incidenza di tumori.

• Finora l’incidente di Chernobyl (Ucrania, 1986) ha causato 20.000 morti. Affrontiamo adesso la devastazione imprevedibile della catastrofe nucleare di Fukushima, Giappone, causata dal terremoto e dallo tsunami (marzo 2011).

• è una fonte di energia costosissima e può essere mantenuta solo con ingenti contributi statali.

• Il Protocollo di Kyoto non lo considera un freno per il cambiamento del clima.

Quali sono i passi da compiere

I passi per frenare il cambiamento del clima e cercare di ridurne i danni devono essere intrapresi sia a livello personale che a livello comunitario e sociale in 4 direzioni:

• Favorire le energie pulite e rinnovabili: il sole, il vento, l’acqua, i residui delle foreste, dell’agricoltura e dell’allevamento... in pochi decenni potrebbero fornirci tutta l’energia di cui abbiamo bisogno.

• Risparmiare energia evitandone l’inutile spreco.

• Utilizzarla in forma regionevole ed efficiente nelle città, negli edifici, nelle industrie, nei trasporti, in casa...

• Sostenere e collaborare con le associazioni e i gruppi che tutelano i tre punti precedenti.

Che cosa possiamo fare?

a) Illuminazione

• Uscendo da una stanza, ufficio o sala spegnere sempre la luce.

• Preferire, ove possibile, la luce naturale: se gli interruttori lo permettono, accendere solo le luci più distanti dalle finestre e avvicinare a queste i tavoli da lavoro.

• Usare lampadine a basso consumo energetico (fluorescenti compatte): durano quasi 10 volte in più e consumano il 75% in meno delle lampadine incandescenti. Le lampadine fluorescenti fanno risparmiare moltissimo nei locali in cui c’è bisogno di illuminazione continua e prolungata.

• Le lampade alogene (fari) sono adatte per l’illuminazione diretta di oggetti (quadri, opere d’arte) o punti strategici di un locale, ma non per l’illuminazione generale di una stanza.

• Negli ambienti in cui c’è bisogno della massima illuminazione, conviene sostituire gli interruttori normali con regolatori di intensità luminosa (Zimmer).

• Installare fotocellule nei corridoi, nei bagni e in altri locali pubblici.

• Pulire regolarmente i dispositivi di illuminazione e le lampadine: la polvere può ridurre del 20% il flusso di luce.

b) Riscaldamento e aria condizionata

• Mantenere il riscaldamento intorno ai 19–20 °C. Abbassando la temperatura di un solo grado si risparmia il 10% di energia!

• In caso di riscaldamento autonomo, installare apparecchi di regolazione della temperatura interna della casa. I termostati interrompono il funzionamento della caldaia quando la temperatura interna raggiunge quella programmata. Le valvole termostatiche, installate su ogni radiatore, permettono di differenziare la temperatura delle stanze: si può, ad esempio, riscaldare meno la cucina e le camere da letto e di più i bagni.

• Non ostacolare la circolazione di aria calda (non coprire i radiatori).

• Se si usano stanze o sale di riunione solo occasionalmente, terminato il lavoro, spegnere il riscaldamento.

• Far controllare la caldaia una volta l’anno: una caldaia in cattivo stato produce meno calore, consuma più combustibile e inquina di più.

• Evitare le perdite di calore: riparare le finestre che non si chiudono bene, abbassare le persiane di notte o quando si è fuori casa, coprire gli spifferi delle porte... meglio ancora sarebbe isolare la casa, installando isolanti nelle pareti e sotto i tetti, doppi vetri, finestre a chiusura ermetica.

• Il riscaldamento sotto il pavimento garantisce un risparmio energetico considerevole poiché utilizza acqua calda a una temperatura di 30-35 °C., molto inferiore a quella usata nei radiatori; la temperatura ridotta permette inoltre di collegare le caldaie ai panelli solari.

• In estate, regolare il condizionatore a non più di 8 °C meno della temperatura esterna e accenderlo solo quando necessario. Se aumentiamo di un grado la temperatura dell’aria condizionata, risparmiamo fino all’8% di energia!

• Non lasciare acceso il condizionatore se la stanza rimane inutilizzata a lungo o quando si apre la finestra per arieggiare.

• Pulire con frequenza i filtri del condizionatore.

c) Strumenti di lavoro

• Comperare apparecchi informatici ed elettrici a basso consumo energetico: i prodotti conformi a precise disposizioni in materia di risparmio energetico, sicurezza e ambiente sono contraddistinti da un’etichetta che ne certifica la qualità (generalmente un’etichetta Energy Star o Ecolabel)

• Programmare il computer e lo schermo in modo che vadano in standby se non sono usati per un dato lasso di tempo. Evitare in ogni caso di lasciarli in standby per un lungo periodo: anche questa funzione consuma energia (la TV spenta con il telecomando resta in stand-by ed il 10% del consumo energetico delle nostre case è dovuto agli apparecchi lasciati in stand-by).

• Spegnere l’interruttore principale e togliere la presa di corrente al termine della giornata:

i trasformatori degli apparati informatici ed elettrici consumano energia anche quando sono spenti.

• Accendere la fotocopiatrice e la stampante solo quando è necessario.

• Se si devono salire solo 2 o 3 piani, servirsi delle scale evitando, se possibile, l’ascensore.

Un po’ di esercizio fisico migliora la salute e contribuisce ad un risparmio di quasi 30 Wh per ogni viaggio evitato.

d) Elettrodomestici

• Ridurre l’uso di piccoli elettrodomestici non indispensabili, ad esempio lo spremiagrumi...

• Controllare l’etichetta energetica degli elettrodomestici (lavatrici, frigoriferi, lavastoviglie...) prima di comprarli; acquistare prodotti di CLASSE A (etichetta verde). Un prodotto Classe A consuma quasi il 30% in meno di energia e inquina meno.

• Usare lavatrice e lavastoviglie a pieno carico con programmi a bassa temperatura.

• Porre il frigorifero e il congelatore lontani da fonti di calore (radiatori e finestre)

• Regolare il termostato del frigorifero e del congelatore a temperatura media: temperature troppo basse non servono per la conservazione degli alimenti.

• Non mettere alimenti caldi nel frigorifero o nel congelatore (provocano la formazione di ghiaccio)

• Togliere regolarmente il ghiaccio dalle pareti del freezer: uno strato di ghiaccio superiore a 5 mm è isolante e determina un aumento del consumo energetico dell’apparecchio.

• Ridurre il preriscaldamento del forno.

• Regolare la caldaia del bagno a una temperatura media, non superiore ai 55 °C.

• Installare la caldaia del bagno vicino al luogo di utilizzo dell’acqua calda per evitare dispersioni di calore attraverso le tubature.

• Evitare di tenere il televisore e altri apparecchi elettronici (modem, masterizzatore) in standby; se non si usano per lungo tempo, spegnerli del tutto.